I pagamenti dei canoni di locazione ai tempi del Coronavirus: cosa prevede (e non prevede) il decreto attuativo del Mef.
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La domanda che queste categorie si pongono è sempre la stessa: possono essere legittimamente sospesi i pagamenti del canone di locazione dell'immobile ove veniva esercitata l'attività ora sospesa?
Iniziamo nel dire che giuridicamente la questione non è semplice.
La "datio" del corrispettivo pattuito rientra tra le obbligazioni principali del conduttore, pertanto, questi non può sospendere il pagamento del canone per nessuna ragione, salvo solo il caso in cui l'immobile sia materialmente inutilizzabile (si pensi ad un allagamento o una dichiarazione di inagibilità).
A seguito dell'emergenza coronavirus, invece, l'immobile è in condizioni tali da poter essere utilizzato ed è nella pacifica disponibilità del conduttore, il quale, tuttavia, non ne può godere essendo vietato lo svolgimento dell'attività per il cui esercizio l'immobile era stato affittato.
L'impossibilità di svolgere l'attività non è imputabile a nessuna delle parti: è dovuta ad una emergenza straordinaria di tutela della salute.
Orbene, lo stesso governo non è stato in grado di dare risposta al quesito. Nulla è stato previsto per sospendere i canoni di locazione che gravano sugli imprenditori, sulle attività ricettive, sulle attività commerciali e sugli studi professionali, oltre che sulle famiglie degli studenti fuori sede.
L'unica norma che tutela - in piccola parte - le imprese è il credito di imposta per l'anno 2020, nella misura del 60 per cento dell'ammontare del canone di locazione, per gli immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (art 65 decreto Cura Italia).
Cosi come altra piccola forma di tutela prevista dal decreto "Cura Italia" riguarda la proroga degli sfratti, abitativi e non, fino al 30 giugno.
In assenza di una normativa "ad hoc", ci viene in soccorso il codice civile.
Esiste la possibilità per le imprese che vogliono uscire, ovvero tecnicamente risolvere il contratto offerta dal codice civile. L'art 1467 cc, disciplina l'eccesiva onerosità sopravvenuta, disponendo che "nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall'articolo 1458".
La disciplina che si applica a tutti i contratti a prestazione corrispettiva, prevede che in presenza di nuovi eventi imprevedibili e straordinari una delle parti del rapporto ha facoltà di chiedere la risoluzione del contratto se la sua prestazione è diventata eccessivamente ed onerosa. La richiesta di risoluzione del conduttore ha effetti immediati, quindi senza bisogno di preavviso. Ovviamente, in questo caso, si sarà tenuti a lasciare immediatamente l'immobile.
Non si tratta, inoltre, di un recesso unilaterale, ma più propriamente di una risoluzione contrattuale, che, se contestata dal locatore, dovrà successivamente essere accertata e dichiarata dal Tribunale.
Diversamente, a nostro avviso, sarà più difficile giustificare l'interruzione del pagamento nel caso delle locazioni a uso abitativo, come quelle degli studenti fuori sede, almeno in assenza di una regolamentazione ufficiale.
Qualora non si voglia risolvere il contratto, ma semplicemente congelare la sola prestazione di pagamento del prezzo, interviene in sostegno del conduttore la disciplina della sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione ai sensi degli artt. 1256, 1463 e 1664 cc. Il conduttore continua ad avere la disponibilità dell'immobile, ma è venuta meno la possibilità che questa disponibilità realizzi lo scopo perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto, a causa dell'emergenza coronavirus. Dunque, essendo la prestazione momentaneamente non più usufruibile, il contraente-debitore non sarà più tenuto a pagare e potrà chiedere la sospensione provvisoria in relazione all'impossibilità di godere del bene immobile preso in locazione.
La rinegoziazione del canone di locazione.
L'impossibilità sopravvenuta di utilizzazione della prestazione è tale da giustificare anche la richiesta di rinegoziare dei canoni eventualmente già corrisposti e riferiti alle mensilità in cui l'attività è stata per legge sospesa. Sarà quindi possibile cercare una soluzione condivisi con il locatore, per una riduzione del canone.
Cosa fare in questi casi?
Una volta valutato il contratto di locazione e le circostanze concrete, è fondamentale che il titolare del contratto di locazione comunichi tempestivamente al locatore la richiesta di risoluzione, riduzione o sospensione del canone di locazione mediante l'invio di una lettera con valore legale che eccepisce al proprietario l'impossibilità temporanea di fruire dell'immobile.